Gli Ordini Non Nazionali sono Ordini facenti parte del Patrimonio Araldico di una Nazione o comunque di un’entità differente rispetto alla Nazione nella quale si opera. Sono principalmente Ordini di Collazione Dinastico – Familiare. Un’Onorificenza concessa da un Ordine Dinastico – Familiare è cosa ben diversa da quelle che la Legge 3 marzo 1951 nr. 178 qualifica come concesse “da Associazioni, Enti o Privati”. La Dottrina Giuridica Italiana ha fatto rilevare più volte che né il concedere, né il fregiarsi di Decorazioni di Merito e/o cavalleresche indipendenti cade sotto alcuna Sanzione Penale “purché limitato alla vita di relazione sociale – (omissis) – ed accompagnato sempre dalla precisazione della specie e della qualità dell’Ordine Cavalleresco”. (Sentenza della Suprema Corte di Cassazione – Sezione III del 23 aprile 1959).
La Legge 3 Marzo “1951, n. 178 (pubblicata sulla Gazzetta Uff. del 30-3- n. 73) istituendo, agli art. 1, 6, il nuovo Ordine Cavalleresco dello Stato «al merito della Repubblica», all’ art. 9, dichiarava soppressi l’Ordine della SS. Annunziata e quelli della «Corona d’Italia», e dei «SS. Maurizio e Lazzaro» consentendo soltanto l’uso delle «onorificenze già conferite, escluso, ogni diritto di precedenza nelle pubbliche funzioni», riservandosi di provvedere, con separata legge, per gli altri Ordini e onorificenze, istituiti prima del 2 giugno 1964. Manteneva, con l’art 7, l’uso delle «onorificenze, decorazioni e distinzioni della Santa Sede, e dell’Ordine del S. Sepolcro», nonché del «Sovrano Militare Ordine di Malta » consentendo l’uso di «onorificenze e distinzioni cavalleresche conferite da ORDINI NON NAZIONALI, o di STATI ESTERI, previa autorizzazione del Capo dello Stato». Bollava definitivamente, gli pseudo Ordini improvvisati, vietandoli con l’art. 8, sottoponeva gli stessi di gravi sanzioni, il conferimento e l’uso di onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche, con qualsiasi forma da parte di enti, associazioni e privati. Con tale disciplina, le onorificenze ammesse nel territorio della Repubblica, possono raggrupparsi nelle seguenti categorie
a) Ordine al Merito della Repubblica, da essa legge istituito (art. 6) e quelle della Corona d’Italia e Maurizio e Lazzaro (Art. 9)
b) Ordini della Santa Sede, del S. Sepolcro e di Malta, regolati dalle vigenti disposizioni (art.7 pen.)
c) ORDINI NON NAZIONALI e di STATI ESTERI per cui il pieno uso ufficiale veniva previsto tramite una autorizzazione del Capo dello Stato (Art. p. p.).
Così alle prime due categorie, di «Ordini istituiti e riconosciuti» cui veniva ufficialmente attribuita una «piena ufficialità», se ne aggiungeva una terza, di «Ordini autorizzati», comprendente «Ordini non Nazionali» e di «Stati Esteri» con efficacia limitata. In virtù della suddetta legge, si avevano onorificenze «secundum legem», cioè pienamente riconosciuti quali «quello della Repubblica, della Santa Sede, del S. Sepolcro e di Malta; altre «praeter legem» cioè non vietate (Ordini non Nazionali e di Stati Esteri) ed infine quelle «contra legem» appartenenti ad enti, associazioni e privati. A questo punto sorse la necessità di fissare il concetto giuridico di “ORDINE NON NAZIONALE” e si diede luogo a lunghi dibattiti in campo giuridico, sia dottrinario che giurisprudenziale. Finalmente sulla scorta dell’antica e moderna Dottrina, risalendo ai principi del Diritto ed agli usi internazionali, si pervenne alla conclusione che per «ORDINI NON NAZIONALI» si dovessero intendere quelli che, non essendo «Nazionali» né di «Stati Esteri» né espressamente previsti dalla Legge, facenti parte quindi del «Patrimonio Araldico Familiare» e conservano, nel Capo di Nome e d’Arme del Casato, il pieno diritto di «Fons Honorum» ed il Gran Magistero degli Ordini Dinastico Familiari. Si risaliva cosi, al concetto di «Prerogativa Dinastica», riconoscendosi nel legittimo rappresentante di una Dinastia spodestata quel «Jus Honorum», consiste nel diritto di «premiare il merito e la virtù», o, come suol dirsi, di «crear nobili ed armar cavalieri». Tale «Prerogativa Dinastica» è trasmissibile «jure saguinis» all’infinito, onde il principio di Diritto Pubblico Inglese: «Rex non moritur», nel senso di perpetuazione dinastico-funzionale di tale Prerogativa. Così, il rappresentante di una Dinastia, non può essere considerato un «privato», rientrante nell’art. 8 della Legge, ma un «soggetto di diritto internazionale» il che è perfettamente ammesso dal DIRITTO e dagli USI INTERNAZIONALI. Si afferma così il principio, riconosciuto dalla Dottrina antica e moderna, che il Sovrano estromesso, pur perdendo le sue due principali Prerogative Dinastiche», quali lo «Jus Imperii» (diritto al comando) e lo «Jus Gladii» (diritto d’imporre obbedienza col comando) conserva pienamente le altre due «Prerogative» consistenti nello «Jus Majestatis» (diritto ad essere rispettato) e «Jus Honorum» per cui rimane «fonte degli onori», con la su esposta facoltà nobiliare cavalleresca. Con ciò egli conserva il diritto di «Pretensione» al Trono dei Padri D’altro canto, se con la cessazione dell’effettivo Potere Politico, il Sovrano perde il «Patrimonio della Corona», conserva il «Patrimonio Privato», del quale, ovviamente fa parte quel «Patrimonio Araldico» consistente negli Ordini di Famiglia, dei quali rimane legittimo Gran Maestro. Fissato così il concetto di «ORDINE NON NAZIONALE» occorre distinguere, in relazione alla Legge regolatrice, quale diversa efficacia o differente valore giuridico, abbiano le onorificenze «istituite, riconosciute e autorizzate» rispetto a quelle «non autorizzate». Quelle regolarmente autorizzate, esplicano tutte le loro prerogative nel territorio della Repubblica quali il diritto di precedenza, menzione nelle Graduatorie dei funzionari e simili. Di ciò non possono beneficiare coloro che appartengono agli Ordini non Nazionali, che possono, però, menzionare il titolo Cavalleresco nei biglietti da visita, carta intestata, elenco telefonico, targa alla porta e si-mili. E hanno, inoltre, il dovere di specificare chiaramente il nome dell’Ordine di appartenenza, onde evitare ogni confusione con gli altri Ordini, potendosi fregiarsi del titolo cavalleresco senza la prevista autorizzazione del Capo dello Stato. In tal senso, la Magistratura italiana, ha saputo risolvere la «vexata questio » con saggezza e dottrina, nel pieno rispetto delle storiche tradizioni, degli usi e del diritto internazionale. Tale interpretazione, per quanto si riferisce agli «Ordini Non Nazionali», di cui all’art. 7 della legge n. 178 del 1951, può dirsi costituisca ormai «Jus receptum», essendosi la Giurisprudenza tutta uniformata all’indirizzo della Suprema Corte di Cassazione, di cui alle note sentenze n. 2008 della Sez. III del 23-4-1959 (R. G. 3909/59) e n.1624 del 23-6-1959 (R.G. 24430/59), ampiamente riportate e commentate dalle più note Riviste Giuridiche fra le quali: il «Massimario Completo della Suprema Corte di Cassazione» (anno 1960 fase. 3 -4, pag. 156, Gen. 157, col. 62); la «Giustizia Penale» (anno 1960 voce «Onorificenze, n. 2) – (cfr. Rivista Penale Gennaio 1961 n. 1 pag. 44-70, con commenti e richiami giurisprudenziali di autore-voli Avvocati del Foro di Genova).