Il Cerimoniale della Veglia di Preghiera, momento di preghiera e riflessione che precede la Celebrazione del rito di Elevazione alla Dignità Cavalleresca, è incentrato sugli scritti dell’Apostolo Paolo e di fatto sulla Carità. Carità che spesso è anche solidarietà. Le considerazioni che seguono, elaborate dal Comm. Prof. Dott. Antonio Moretta ci invitano a una seria riflessione su ciò che oggi è la Solidarietà
Oltre un secolo fa la poetessa americana Emily Dickinson(1830-1886) ebbe a scrivere: “Se potrò impedire a un cuore di spezzarsi, non avrò vissuto invano. Se allevierò il dolore di una vita o guarirò una pena, o aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido, non avrò vissuto invano”.Cos’altro può muovere l’animo umano per portarlo a compiere atti solidali come quelli descritti dalla poetessa americana se non l’amore per gli altri?Se io dovessi rispondere a chi mi chiede cos’è la solidarietà io risponderei senza indugio“E’ un atto d’amore”.
Oggi viviamo un periodo difficile della nostra esistenza e volgendo lo sguardo verso l’orizzonte vediamo addensarsi nuvole nere gravide di violenza, prevaricazione, movimenti epici di genti allo sbaraglio che fuggono dall’odio, dalla fame e dalla morte tutto provocato dall’ appartenenza a razze e religioni diverse, guerre fratricide e tanta, troppa violenza. Si stenta a scorgere l’amore.
Viene da chiederci: “ma l’uomo è diventato così per cattivo sortilegio o per colpa di componenti cattive nella sua progenie o per cause extraterrestri?” No! Il problema è più semplice “È per la mancanza d’amore”.
Il mondo della parte occidentale dall’ultima guerra mondiale (1939-1943) ha vissuto in un periodo di pace duratura durante il quale sono maturate strategie di avvicinamento tra mondi diversi (vedi la guerra fredda tra grandi paesi come l’URSS e USA) tra popoli diversi e tra uomini diversi per razza e per religione. Sembrava che l’amore (quello bello, quello evangelico) stesse crescendo nel cuore della gente assieme alla maturazione della democrazia, del progresso e dell’economia.
Con il “Boom economico” degli ultimi 50 anni il mondo occidentale ha saputo creare opulenza e benessere dando godimento alle popolazioni fornendo loro servizi, assistenza, istruzione e salute in quantità rilevante ma inversamente al crescente benessere ha dimenticato la solidarietà verso i più deboli ed emarginati. La cecità di questa parte dell’umanità non è riuscita a vedere l’enorme solco che si stava creando tra la parte evoluta ed opulenta e quella purtroppo rimasta indietro.
Negli anni recenti questo solco è diventato una voragine e da questa separazione di benessere sono cresciute a dismisura le parti peggiori dell’uomo che hanno sostituito il naturale sentimento di solidarietà che alberga in tutti gli animi ingigantendo l’odio, la violenza e la diffidenza nei confronti del “diverso”. L’egoismo è diventato prassi comune nel governare la ricchezza.
I beni materiali invece vanno interpretati solamente come dei “Mezzi”, certamente necessari (in piccola parte) per vivere ma devono essere utilizzati per un fine non materiale ma spirituale come il benessere, l’armonia, la salubrità, la cultura, la dotazione di servizi etc. In una parola i mezzi materiali devono dare all’uomo il piacere di vivere proiettato verso la ricerca della felicità e della libertà; non certo verso la preoccupazione, l’egoismo e la dipendenza. Creare deve divenire l’obiettivo prioritario del “Fare dell’Uomo”in un clima d’amore verso il prossimo avendo individuato negli altri la ricerca di Dio così come disse il nostro Pontefice Papa Francesco: “Il Vangelo invita prima di tutto a rispondere al Dio che ci ama e che ci salva, riconoscendolo negli altri ed uscendo da sé stessi per cercare il bene di tutti”.
La parabola del “Buon Samaritano”,che gioisce nel donare allo sfortunato mercante malmenato dai briganti ed abbandonato ferito lungo la strada, non certo beni materiali o denaro ma assistenza, solidarietà e mezzi di sostentamento. Questo è emblematico di questo sentimento di solidarietà elevato dal Signore nelle sue parabole.
Francois Andrieux, noto poeta francese (1759-1833) ebbe a dire:“Vivere per sé è niente, bisogna vivere per gli altri… A chi posso essere utile, gradevole, io oggi? Ecco ciò che al mattino bisognerebbe domandarsi. E alla sera, quando dal cielo la luce si ritira, beati coloro ai quali, sottovoce, il proprio cuore ha risposto: grazie alle mie cure, ho visto su un volto umano la traccia di un sorriso o l’oblio di una pena”.
Oggi i contrasti tral’Islam (ISISS in particolare, ma anche la Corea del Nord ed altri paesi belligeranti) e paesi occidentali, la religione Islamica e l’odio verso quella Cristiana, hanno partorito il terrorismo che ha scatenato la guerra in medio-oriente e sta martoriando l’Occidente con vili attentati terroristici alle popolazioni di fede cristiana. L’odio, le guerre, i soprusi e la violenza hanno indotto i popoli locali ad emigrare in occidente a rischio della propria vita in cerca di quella solidarietà che il nostro buon Dio e gli Apostoli hanno predicato da sempre e che loro cercano di trovare in noi. Il Papa Paolo VI sostenne nella “Populorumprogressio”(26 marzo 1967) nella parte introduttiva che: “i popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell’opulenza. La chiesa trasale davanti a questo grido d’angoscia e chiama ognuno a rispondere con amore al proprio fratello”.
Non si può permettere a chicchessia di assistere a questo modo di cercare una vita migliore senza intervenire e fare qualcosa. Dobbiamo mettere a preventivo che la diseguaglianza grave tra i popoli prima o poi sfocia in “Ribellione”.
C’è un prezzo sociale di civismo da pagare d è giusto pagarlo perché “Non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza perdono”. Dobbiamo usare, nei confronti dei fratelli bisognosi, la Solidarietà necessaria anche assorbendo le difficoltà che ne derivano nel farlo. Noi popoli occidentali non possiamo erigere muri di incompatibilità nei confronti dei popoli desiderosi di libertà, benessere, appagamento dei loro desideri e speranze per il futuro dei loro figli. Il perché va ricercato nel seguente esempio: supponendo che il nostro popolo occidentale abbia (esemplificatamene) conquistato un livello “100” di “CIVISMO”(noi europei ci abbiamo messo secoli, guerre e spandimento di tanto sangue per giungere al livello in cui oggi siamo);quando si aprono i confini alla migrazione da paesi a minore livello(per esempio “60”di Civismo come il popolo dei paesi Africani in cui tutti i migranti dell’esodo biblico in corso è orientato in Europa e non solo in Italia) si deve sapere che il nuovo valore medio di civismo della popolazione che ne deriverà sarà sicuramente meno di 100 dell’esempio fatto (Principio dei vasi comunicanti). Noi dobbiamo capire il fenomeno e gestirlo civilmente con intelligenza e con Solidarietà mettendo in preventivo il calo medio di Civismo ma per contro l’aumento di soddisfazione e di appagamento per aver dato spandendo amore e benessere a chi ne è privo.
Parte del PIL dei paesi Europei deve tradursi in opere per i paesi meno fortunati di Africa e Medioriente con l’obiettivo di placare la fame ed il bisogno di emancipazione che alla lunga produce l’esigenza di dover emigrare con rischi tremendi.
Occorrono quindi tanti anni per tornare tutti assieme al comune valore di “100”. Non dobbiamo gridare alla sorpresa quando la migrazione sorpresa non è. Non dobbiamo mettere in atto politiche di sbarramento o costruire muri (quello di Berlino dopo l’ultima guerra ci dovrebbe bastare). Dobbiamo invece metterci al lavoro (tutti assieme) alacremente e godere della diversità che accompagna il fenomeno migrazione attraverso leggi e decreti attuativi in linea con i tempitutti orientati ad una rapida ma graduale integrazione. Non dobbiamo dimenticare le illuminanti parole di Santo Papa Giovanni Paolo II che disse: “la Misericordia è la unione indispensabile dell’amore…è come se fosse il suo secondo nome”.
In buona sostanza dobbiamo tutti collaborare con “Amore”e “Solidarietà” con le organizzazioni preposte all’accoglimento delle genti che in futuro (almeno due generazioni) saranno europee e che oggi si devono far carico del massimo onere di provvedere ad applicarla questa misericordiosa Solidarietà sempre tenendo in mente le parole del Papa San Giovanni Paolo II che disse: “Prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro”
In proposito ricordo qui lo scritto giornalistico emesso dal Pontefice Papa Francesco nel corso degli anni 2014 e del 2015, come una sorta di decalogo della solidarietà:
-1) La solidarietà come elemento essenziale della vita cristiana. La solidarietà con i poveri è al centro del Vangelo. Mediante la predicazione e la catechesi, fondate sul ricco patrimonio della dottrina sociale della Chiesa, la solidarietà deve permeare i cuori e le menti dei fedeli e riflettersi in ogni aspetto della vita ecclesiale. Oltre che al centro, i poveri sono anche all’inizio e alla fine del vangelo.
-2) Una fede senza solidarietà è una fede morta. Anche se va a messa la domenica, il cristiano dal cuore non solidale è un cristiano dalla fede debole, malata e morta. Una fede senza solidarietà è una fede senza Cristo e senza Dio. Quando una fede non è solidale, o è debole, o è malata o è morta; non è la fede di Gesù. La fede che Gesù suscita è una fede con la capacità di sognare il futuro e di lottare per esso nel presente. È con questa fede che i cristiani devono contagiare strade e sentieri del mondo. Il messaggio più efficace che i cristiani possono comunicare agli altri è una fede solidale.
-3) Nella Chiesa, tutti, nessuno escluso, sono promotori di solidarietà. Per costruire una società giusta e solidale c’è bisogno dell’impegno di tutti.Tutti, presbiteri, persone consacrate, fedeli laici, siamo incoraggiati a servire Dio nel servizio ai fratelli, e a diffondere dappertutto la cultura della solidarietà.
-4) Costruire solidarietà con il protagonismo dei giovani.Per costruire un mondo migliore di giustizia, di fraternità e di solidarietà è decisivo il protagonismo dei giovani: essi devono contribuire a superare i problemi della disoccupazione giovanile con coraggio, speranza e solidarietà. Il mondo ha bisogno di giovani coraggiosi, non timorosi, di giovani che si muovano sulle strade e che non stiano fermi. I giovani di oggi e di domani hanno diritto ad un pacifico ordine mondiale basato sull’unità della famiglia umana, sul rispetto, sulla cooperazione, sulla solidarietà e sulla compassione.
-5) La solidarietà non riduce alla passività. Solidarietà significa anche lottare contro le cause strutturali della povertà e delle diseguaglianze, della mancanza di lavoro e della negazione dei diritti sociali e lavorativi. Non si può affrontare lo scandalo della povertà promuovendo strategie di contenimento che unicamente tranquillizzano e trasformano i poveri in esseri addomesticati e inoffensivi. Solidarietà è pensare e agire in termini di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. La solidarietà è un modo di fare la storia con i poveri, rifuggendo le presunte opere altruistiche che riducono l’altro alla passività.
-6) La solidarietà è impegno per costruire città accoglienti.Le città nelle quali viviamo avranno un volto attraente solo se saranno ricche di umanità, ospitali ed accoglienti; se tutti noi saremo attenti e generosi verso chi è in difficoltà; se sapremo collaborare con spirito costruttivo e solidale per il bene di tutti.
-7) La solidarietà è farsi carico del problema dell’altro.La solidarietà è l’atteggiamento che rende le persone capaci di andare incontro all’altro e di fondare i propri rapporti reciproci su quel sentimento di fratellanza che va al di là delle differenze e dei limiti e spinge a cercare insieme il bene comune. Solidarietà è farsi carico del problema dell’altro.Il mandato dell’amore va esercitato partendo non da idee o concetti ma dal genuino incontro con l’altro, dal riconoscersi giorno dopo giorno nel volto dell’altro con le sue miserie e con i suoi eroismi. Non si amano concetti o idee, ma si amano persone in carne ed ossa: uomini e donne, bambini e anziani; volti e nomi che riempiono il cuore e ci commuovono fino alle viscere.
-8) La solidarietà è prossimità e gratuità. Una società senza prossimità, dove la gratuità e l’affetto senza contropartita (anche fra estranei) va scomparendo, è una società perversa. La Chiesa, fedele alla parola di Dio, non può tollerare queste degenerazioni. Una comunità cristiana in cui prossimità e gratuità non fossero più considerate indispensabili, perderebbe con esse la sua anima. La solidarietà non consiste solo nel dare ai bisognosi, ma nell’essere responsabili l’uno dell’altro. Se vediamo nell’altro o nell’altra un fratello o una sorella, nessuno può rimanere escluso e separato.
-9) La solidarietà è tenerezza ed empatia. La solidarietà va testimoniata concretamente nei confronti di chi ha bisogno non solo di giustizia e di speranza, ma anche di tenerezza. Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore, sulla prossimità e sulla tenerezza. L’empatia è frutto dell’esperienza personale, che ci porta a vedere gli altri come fratelli e sorelle, ad “ascoltare”, attraverso e al di là delle loro parole e azioni, ciò che i loro cuori desiderano comunicare.
-10) La solidarietà è un modo di fare la storia. Solidarietà è far fronte agli effetti distruttori dell’impero del denaro: i dislocamenti forzati, le emigrazioni dolorose, la tratta di persone, la droga, la guerra, la violenza e tutte quelle realtà che molti subiscono e che tutti siamo chiamati a trasformare. La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo, è proprio un modo di fare la storia. Quando in un paese la solidarietà manca, ne risentono tutti.
A questo punto emergono imperiose e dirompenti le parole della “Populorumprogressio”di Papa Paolo VI già citate e risalta il principio che non si può permettere a chicchessia di assistere a questo orrendo modo di cercare una vita migliore (emigrare con il rischio di morire) senza intervenire e fare qualcosa. Vale ripetere ciò che è stato già detto: “Non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza perdono”.
Amerei concludere questa bella chiacchierata con voi con tre pensieri sulla “Solidarietà”:
a) il primo è un vecchio adagio che dice:“non fare mai del bene se non sei in grado di sopportarne la ingratitudine che ne potrebbe derivare” ovvero non ti aspettare ritorni dal bene che hai fatto, l’appagamento deve essere cercato nel dare non nel ricevere.
b) il secondo viene dalle parole di Papa Santo Giovanni Paolo: “prendete in mano la vostra vita e fatene un capolavoro”. Questo dovrebbe essere lo scopo della nostra esistenza.
c) il terzo è un aneddoto di Lucio Anneo Seneca (oltre 2000 anni fa) con il quale mi piace concludere questa dissertazione breve sulla Solidarietà: “La legge del dono fatto ad amico è che l’uno presto dimentichi di aver dato e l’altro ricordi sempre di aver ricevuto”.
Antonio Moretta